domenica 7 settembre 2014

LE NOTTI DELLA LUNGA PAURA



"La notte della lunga paura" è un'espressione coniata insieme alle mie (splendide) migliori amiche in occasione dei nostri viaggi giovanili. Dicesi "notte della lunga paura" quando hai l'aereo alle 6 del mattino e parti da casa con l'ultimo treno della sera e per risparmiare tempo e, soprattutto denaro, non prenoti una camera in un albergo vicino all'aeroporto ma trascorri la notte in aeroporto, accoccolata sulle panchine o sulle tue stesse valigie. Ovviamente non dormi per più di 5 minuti consecutivi. Ovviamente la mattina hai dolori ovunque. Ovviamente passi il giorno successivo in uno stato catatonico. 

Ecco, queste sono le sensazioni che provo, ogni mattina, ormai da un mese. Ogni notte è una "notte della lunga paura" perchè il piccolo D. ha deciso che lo splendido ritmo 21-6 che aveva assunto da circa il 4° mese di vita non gli piace più. Ora ci si sveglia ogni 2/3 ore, si vuole giocare o si strilla finché non si viene tenuti stretti stretti dalla mamma.
Certo, rispetto alle notti in aeroporto almeno ho un materasso su cui coricarmi, almeno sono a casa, almeno non c'è il pericolo di dovermi spostare, chiaramente appena hai perso i sensi un attimo, perché passa l'addetto alle pulizie con tanto di rumorosissimo mezzo. 
Ma sono magre consolazioni, se ti corichi, con passo felino, al buio, e sai già che entro un'ora sentirai un mugolio, che, se non ti sbrighi, diventerà un vociare, e se ancora tentenni, si trasformerà in un ululato. Se già sai che a nulla servirà infilare nella sua boccuccia spalancata il ciuccio. Se già sai che, ancora ad occhi chiusi, lo dovrai tirare su e cercare di trovare un modo per consolarlo...e, alla fine della storia, sai anche, tu, mamma, che il papà tutto sommato può continuare a dormire, magari con il cuscino sulla testa, perché la piccola belva vuole solo te, anzi solo il tuo seno, per la precisione. E sai anche che questo si ripeterà almeno 2 o 3 volte, prima che arrivi l'ora della sua colazione, che anche se ha ciucciato tutta la notte, deve essere sempre alle 6. E sai anche che dopo la poppata delle 6 le tue ore di "sonno" sono finite, perché devi andare al lavoro.

Saranno i denti? Sarà il pancino? Sarà che ho iniziato a lavorare e quindi è finita la simbiosi e lui se ne sta accorgendo? Sarà che ora ci si mette pure l'inserimento al nido?

Non ho una risposta. Sento solo che il piccolo D. ora ha (ancora) più bisogno del contatto fisico, di essere rassicurato, vuole me e praticamente nessun altro nei momenti di crisi.

E quindi non mi resta che fare ciò che credo debba fare una mamma. Ascoltare i bisogni di mio figlio e cercare di sopravvivere mentre li assecondo.

Godendomi, almeno, la sua vocina che dice MA-MA-MA-MA appena accendo la abat-jour e mi vede nel buoi della notte.

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